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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
{T 0/2} 
 
5A_807/2013  
   
   
 
 
 
Sentenza del 28 novembre 2013  
 
II Corte di diritto civile  
 
Composizione 
Giudici federali von Werdt, Presidente, 
Marazzi, Schöbi, 
Cancelliera Antonini. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
patrocinata dagli avv. Fabio Soldati e Luca Trisconi, 
ricorrente, 
 
contro  
 
B.________, 
patrocinato dall'avv. Cinzia Lehmann-Belladelli, 
opponente, 
 
C.________, 
rappresentata dalla curatrice Kate Geary, 
 
Oggetto 
ritorno di un minore, 
 
ricorso contro la sentenza emanata il 16 ottobre 2013 dalla Camera di protezione del Tribunale d'appello 
del Cantone Ticino. 
 
 
Fatti:  
 
A.  
 
A.a. A.________ (cittadina svizzera) e B.________ (cittadino britannico-irlandese) si sono conosciuti a Londra nel 2009. In quel periodo A.________ era domiciliata in Florida (Stati Uniti), dove abitava con l'allora marito, dal quale ha divorziato il 21 ottobre 2010. Il 27 ottobre 2010 ella è giunta in Svizzera, dove il 3 gennaio 2011 ha partorito C.________. B.________ ha riconosciuto la minore alla nascita. Il 14 febbraio 2011 A.________ ha acquistato un immobile a X.________ (Inghilterra, Regno Unito). Il 3 maggio 2011 madre e figlia si sono trasferite nel Regno Unito; esse hanno dapprima soggiornato in un albergo e si sono poi spostate nella nuova abitazione. Tra il mese di maggio e quello di agosto 2011 A.________ e B.________ hanno iniziato la convivenza, nella casa di X.________. Il rapporto si è però presto deteriorato, e le parti hanno allora deciso che madre e figlia avrebbero trascorso un periodo di vacanza di circa due mesi negli Stati Uniti. Esse sono partite il 15 novembre 2011. Il 20 gennaio 2012 A.________ ha comunicato a B.________ di non desiderare riprendere la convivenza e gli ha chiesto di lasciare la sua abitazione. Il 10 febbraio 2012 madre e figlia, partite dagli Stati Uniti, sono andate a vivere a Y.________ (Svizzera).  
 
B.   
In data 12 novembre 2012 B.________ ha presentato presso il Tribunale d'appello del Cantone Ticino un'istanza fondata sulla convenzione dell'Aia del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili del rapimento internazionale di minori (CArap; RS 0.211.230.02) per ottenere che fosse ingiunto ad A.________ di riportare la figlia nel Regno Unito entro dieci giorni dal passaggio in giudicato della decisione di rientro, sotto comminatoria dell'art. 292 CP
 
Con sentenza 16 ottobre 2013 la Camera di protezione del Tribunale d'appello del Cantone Ticino ha parzialmente accolto l'istanza di B.________, ordinando ad A.________ di assicurare il ritorno della figlia nel Regno Unito entro trenta giorni dalla crescita in giudicato della sua decisione, e ha predisposto misure di esecuzione. 
 
C.   
Con ricorso in materia civile 28 ottobre 2013 A.________ ha chiesto al Tribunale federale, previo conferimento dell'effetto sospensivo al suo gravame, di annullare la sentenza cantonale e di riformarla nel senso che l'istanza 12 novembre 2012 di B.________ sia respinta. 
Con decreto 29 ottobre 2013 al gravame è stato conferito l'effetto sospensivo in via supercautelare. Con risposta 11 novembre 2013 l'opponente ha postulato la reiezione del ricorso, mentre con allegato 12 novembre 2013 C.________, rappresentata dalla sua curatrice, ne ha proposto l'accoglimento. La Corte cantonale ha rinunciato a formulare osservazioni. Con scritto 18 novembre 2013 l'opponente ha chiesto lo stralcio dagli atti della presa di posizione della curatrice della minore. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. Le decisioni in materia di ritorno di un minore secondo la CArap sono emanate nel quadro dell'assistenza giudiziaria tra gli Stati contraenti - e sono quindi pronunciate in applicazione di norme di diritto pubblico - ma sono in diretto rapporto con il rispetto e l'attuazione del diritto civile straniero (art. 72 cpv. 2 lett. b n. 1 LTF; DTF 133 III 584 consid. 1.2). Inoltrato tempestivamente nel termine ricorsuale di dieci giorni previsto dall'art. 100 cpv. 2 lett. c LTF contro una decisione finale (art. 90 LTF) emanata dall'autorità cantonale di ultima istanza che ha giudicato quale istanza unica (art. 75 cpv. 1 e 2 lett. a LTF; art. 7 cpv. 1 della legge federale del 21 dicembre 2007 sul rapimento internazionale dei minori e sulle Convenzioni dell'Aia sulla protezione dei minori e degli adulti [LF-RMA; RS 211.222.32]), il ricorso in materia civile si rivela pertanto in linea di principio ammissibile.  
 
1.2. Il ricorso in materia civile può essere interposto per violazione del diritto federale (art. 95 lett. a LTF) - che comprende anche i diritti costituzionali - e per violazione del diritto internazionale (art. 95 lett. b LTF).  
 
Il Tribunale federale applica d'ufficio il diritto (art. 106 cpv. 1 LTF). Nondimeno, tenuto conto dell'onere di allegazione e motivazione posto dall'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, la cui mancata ottemperanza conduce all'inammissibilità del gravame, il Tribunale federale esamina di regola solo le censure sollevate (DTF 137 III 580 consid. 1.3; 134 III 102 consid. 1.1). Nell'atto di ricorso occorre pertanto spiegare in modo conciso, riferendosi all'oggetto del litigio, in cosa consiste la violazione del diritto e su quali punti il giudizio contestato viene impugnato (DTF 134 II 244 consid. 2.1). Le esigenze di motivazione sono più rigorose quando è fatta valere la violazione di diritti fondamentali. II Tribunale federale esamina queste censure solo se la parte ricorrente le ha debitamente sollevate e motivate, come prescritto dall'art. 106 cpv. 2 LTF. Ne discende che l'allegato ricorsuale deve indicare chiaramente i diritti costituzionali che si pretendono violati, precisando altresì in che consista tale violazione (DTF 134 II 244 consid. 2.2; 133 III 393 consid. 6). 
 
1.3. Il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico sull'accertamento dei fatti svolto dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF) e può scostarsene o completarlo solo se è stato svolto in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto (art. 105 cpv. 2 LTF). L'accertamento dei fatti contenuto nella sentenza impugnata può essere censurato alle stesse condizioni; occorre inoltre che l'eliminazione dell'asserito vizio possa influire in maniera determinante sull'esito della causa (art. 97 cpv. 1 LTF). Se rimprovera all'autorità cantonale un accertamento dei fatti manifestamente inesatto - ossia arbitrario (DTF 137 III 268 consid. 1.2; 133 II 249 consid. 1.2.2) - il ricorrente deve motivare la censura conformemente alle esigenze poste dall'art. 106 cpv. 2 LTF (DTF 136 II 304 consid. 2.5). Per lamentare con un'ammissibile censura la violazione dell'art. 9 Cost. (sulla nozione di arbitrio v. DTF 137 I 1 consid. 2.4) non è segnatamente sufficiente formulare una critica meramente appellatoria (DTF 136 II 489 consid. 2.8) e contestare la decisione impugnata come in una procedura d'appello, nella quale l'autorità di ricorso gode di cognizione libera, opponendo semplicemente la propria opinione a quella del Tribunale cantonale (DTF 134 II 349 consid. 3).  
 
1.4. L'opponente ha chiesto lo stralcio dagli atti delle osservazioni presentate dalla curatrice della minore, poiché contenenti fatti recentemente accaduti tra le parti e non accertati dall'autorità inferiore. La richiesta non può essere accolta, atteso che la minore ha il diritto di esprimersi in questa sede. Sul contenuto delle citate osservazioni si dirà, per quanto occorra, nei considerandi che seguono.  
 
2.  
 
2.1. La CArap mira a ripristinare lo status quo ante (DTF 133 III 146 consid. 2.4), assicurando il ritorno immediato dei minori trasferiti o trattenuti illecitamente in qualsiasi Stato contraente (art. 1 lett. a CArap). Il trasferimento o il mancato ritorno di un minore è considerato illecito quando avviene in violazione di un diritto di custodia attribuito a una persona, a un'istituzione o ad ogni altro ente, solo o congiuntamente, dal diritto dello Stato in cui il minore aveva la dimora abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato ritorno (art. 3 cpv. 1 lett. a CArap) e quando tale diritto era esercitato di fatto, solo o congiuntamente, al momento del trasferimento o del mancato ritorno, o lo sarebbe stato se non fossero occorsi tali avvenimenti (art. 3 cpv. 1 lett. b CArap).  
 
2.2. In concreto la Corte cantonale ha valutato che prima del suo mancato ritorno nel Regno Unito la dimora abituale della minore si situasse in tale Stato e che in virtù del diritto inglese entrambi i genitori detenessero l'autorità parentale, ciò che impediva alla madre di trasferire la figlia all'estero senza l'accordo del padre. I Giudici cantonali sono pertanto giunti alla conclusione che vi è stata violazione del diritto di custodia attribuito al padre nel senso dell'art. 3 cpv. 1 lett. a CArap. In merito alla condizione posta dall'art. 3 cpv. 1 lett. b CArap, la Corte cantonale ha poi osservato che non vi sono elementi per affermare che il padre non esercitasse di fatto il suo diritto di custodia. I Giudici cantonali hanno pertanto constatato l'illiceità del mancato ritorno della minore ai sensi dell'art. 3 cpv. 1 CArap.  
 
2.3. La ricorrente sostiene che la condizione dell'art. 3 cpv. 1 lett. a CArap non sarebbe in concreto realizzata poiché, a suo dire, la dimora abituale della minore prima del suo mancato ritorno non si situerebbe nel Regno Unito (infra consid. 2.3.1) e comunque il diritto inglese non esigerebbe l'accordo di entrambi i genitori detentori dell'autorità parentale per le decisioni riguardanti il figlio (infra consid. 2.3.2).  
 
2.3.1. Né la CArap né la LF-RMA contengono una definizione della nozione di "dimora abituale". Secondo la giurisprudenza, tale nozione deve essere interpretata in modo autonomo, e corrisponde al criterio di collegamento utilizzato dalla convenzione dell'Aia del 5 ottobre 1961 concernente la competenza delle autorità e la legge applicabile in materia di protezione dei minorenni (RS 0.211.231.01) nonché da altre convenzioni dell'Aia (sentenza 5A_164/2013 del 18 aprile 2013 consid. 3; v. anche Lucie Mazenauer, Internationale Kindesentführungen und Rückführungen - Eine Analyse im Lichte des Kindeswohls, 2012, n. 12). Determinante è il centro effettivo della vita del minore e delle sue relazioni (DTF 129 III 288 consid. 4.1; 117 II 334 consid. 4a; 110 II 119 consid. 3). Tale luogo può risultare tanto dalla durata di fatto della dimora e dai legami che ne derivano, quanto dalla durata prevista della dimora e dall'integrazione che ci si attende. Un soggiorno di sei mesi crea - in linea di principio - una dimora abituale, ma la dimora può anche divenire abituale subito dopo il cambiamento del luogo di soggiorno se è destinata ad essere duratura e a sostituire il precedente centro della vita e delle relazioni (Jörg Pirrung, in Kommentar zum Bürgerlichen Gesetzbuch mit Einführungsgesetz und Nebengesetzen EGBGB/IPR, Vorbem C-H zu Art. 19 EGBGB, [Internationales Kindschaftsrecht 2], 2009, n. D35 pag. 234 seg.). La dimora abituale si definisce in base ad elementi percepibili dall'esterno e va definita per ciascuno singolarmente; la dimora abituale di un figlio coincide tuttavia di norma con il centro della vita di un genitore almeno. Trattandosi di un neonato o di un bambino piccolo, sono decisive quali indizi della sua dimora abituale le sue relazioni familiari con il genitore cui egli è affidato (DTF 129 III 288 consid. 4.1; sentenze 5A_504/2013 del 5 agosto 2013 consid. 2.3.1; 5A_650/2009 dell'11 novembre 2009 consid. 5.2, in SJ 2010 I pag. 193: Lucie Mazenauer, op. cit., n. 13-14).  
Dagli accertamenti effettuati dall'istanza inferiore risulta che la minore (nata il 3 gennaio 2011) ha risieduto nel Regno Unito dal 3 maggio al 15 novembre 2011, quindi per oltre sei mesi. Il fatto che all'inizio lei e la madre abbiano soggiornato per un breve tempo in un albergo è irrilevante, così come il fatto che in due occasioni siano partite all'estero per vacanze (v. sentenza 5A_427/2009 del 27 luglio 2009 consid. 3.2 in fine con rinvio, in FamPra.ch 2009 pag. 1088). Il Tribunale d'appello ha del resto appurato che la documentazione agli atti (biglietti, messaggi di posta elettronica, annuncio di nascita della bambina) dimostra chiaramente che la madre ha acquistato la casa a X.________ per viverci con la figlia ed il compagno: ciò significa che - a prescindere dalla durata di fatto del soggiorno a X.________ - la nuova dimora era destinata ad essere duratura e a sostituire il precedente centro della vita e delle relazioni. Sulla base di questi elementi la Corte cantonale poteva quindi considerare, senza violare il diritto convenzionale, che quando la minore è partita il 15 novembre 2011 per gli Stati Uniti la sua dimora abituale si situasse a X.________ (Regno Unito). 
La ricorrente sostiene in sostanza che non vi sarebbero gli elementi per affermare che la sua residenza abituale, e di riflesso anche quella della minore, si situasse nel Regno Unito. A suo dire, infatti, al momento in cui è partita per gli Stati Uniti con la figlia "non c'era ancora stata alcuna integrazione nel tessuto sociale inglese" (in Inghilterra ella non avrebbe avuto né lavoro, né relazioni personali, né legami di tipo fiscale, amministrativo o assicurativo), anche perché non avrebbe mai avuto l'intenzione di stabilirsi durevolmente nel Regno Unito, ma "voleva rientrare a breve in Florida, località che, assieme a Y.________, costituiva il centro dei suoi interessi". L'argomentazione si fonda apoditticamente su una fattispecie che non risulta dalla sentenza impugnata, senza che l'insorgente denunci l'arbitrio nell'accertamento dei fatti e nell'apprezzamento delle prove effettuati dall'autorità inferiore. La censura si appalesa pertanto inammissibile. 
È determinante la dimora abituale del minore immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato ritorno (art. 3 cpv. 1 lett. a CArap; Raselli/Hausammann/Möckli/Urwyler, Ausländische Kinder sowie andere Angehörige, in Ausländerrecht, 2a ed. 2009, n. 16.153). In concreto il ritorno della minore nel Regno Unito era previsto, dopo una vacanza di circa due mesi negli Stati Uniti, a gennaio 2012. A tale momento la dimora abituale della figlia si situava ancora nel Regno Unito: data la natura del soggiorno negli Stati Uniti, non si può infatti affermare che il centro effettivo della sua vita e delle sue relazioni si fosse spostato in questo Paese (né la ricorrente del resto lo pretende). 
 
2.3.2. Il diritto di custodia di cui all'art. 3 cpv. 1 lett. a CArap, che può segnatamente discendere da un'attribuzione per legge, da una decisione giudiziaria o amministrativa o da un accordo vigente secondo il diritto dello Stato in cui il minore aveva la dimora abituale (art. 3 cpv. 2 CArap), comprende il diritto vertente sulla cura della persona del minore e, in particolare, quello di decidere della sua dimora (art. 5 lett. a CArap). Per accertare se vi sia trasferimento o mancato ritorno illecito ai sensi dell'art. 3 CArap, l'autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto può tener conto direttamente del diritto e delle decisioni giudiziarie o amministrative riconosciute formalmente o no nello Stato della dimora abituale del minore, senza far capo alle procedure specifiche sulla prova di questo diritto o per la delibazione delle decisioni estere che fossero altrimenti applicabili (art. 14 CArap).  
Per determinare il genitore detentore o i genitori detentori del diritto di custodia nel senso dell'art. 3 cpv. 1 lett. a CArap, occorre riferirsi all'ordinamento giuridico dello Stato di dimora abituale del minore prima del trasferimento o del mancato ritorno (DTF 133 III 694 consid. 2.1.1) - in concreto il Regno Unito (v. supra consid. 2.3.1) -, vale a dire dapprima alle regole del diritto internazionale privato di questo Stato (DTF 136 III 353 consid. 3.5), comprese le convenzioni internazionali, e poi al diritto materiale al quale esso rinvia (sentenza 5A_479/2012 del 13 luglio 2012 consid. 4.3, in SJ 2013 I pag. 29). 
 
A gennaio 2012, vale a dire al momento in cui la minore sarebbe dovuta ritornare nel Regno Unito (v. Raselli/Hausammann/Möckli/Urwyler, op. cit., n. 16.157), in tale Paese non era ancora entrata in vigore la convenzione dell'Aia del 19 ottobre 1996 concernente la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori (RS 0.211.231.011; ratificata dal Regno Unito il 27 luglio 2012 ed entrata in vigore il 1° novembre 2012). Prima dell'entrata in vigore di tale convenzione, i tribunali inglesi giudicavano le cause riguardanti l'autorità parentale aventi un carattere internazionale secondo il diritto inglese (Bergmann/Ferid/Henrich, Internationales Ehe- und Kindschaftsrecht, Vereinigtes Königreich (England) [stato 1° novembre 2011], pag. 33). Per stabilire se in concreto il padre detiene un diritto di custodia sulla minore, la Corte cantonale si è quindi a giusto titolo riferita al diritto inglese (England and Wales). 
In virtù di tale diritto, se i genitori non sono sposati la madre detiene l'autorità parentale automaticamente (art. 2 (2) (a) del Children Act 1989), mentre il padre la detiene - tra l'altro - se è registrato in quanto tale sul certificato di nascita (v. art. 2 (2) (b), 4 (1) (a) e 4 (1A) (a) del Children Act 1989; Boele-Woelki/Braat/Curry-Sumner (editori), European family law in action, Volume III: Parental Responsibilities, 2005, pag. 351 seg.; Bergmann/Ferid/Henrich, op. cit., pag. 48). Secondo gli accertamenti dell'autorità inferiore l'opponente figura, quale padre, sull'atto di nascita della figlia conformemente a quanto richiede il diritto inglese, ciò che la ricorrente non contesta minimamente. In tali condizioni occorre ammettere che entrambi i genitori detengono l'autorità parentale sulla minore. Contrariamente a quanto sembra sostenere la ricorrente, la separazione delle parti non ha influito su tale attribuzione dell'autorità parentale (Bergmann/Ferid/Henrich, op. cit., pag. 48; Boele-Woelki/Braat/Curry-Sumner, op. cit., pag. 416). 
 
L'insorgente ribadisce la tesi già sostenuta dinanzi al Tribunale d'appello, ossia che l'art. 2 (7) del Children Act 1989 permetterebbe ai genitori detentori dell'autorità parentale "di agire l'uno indipendentemente dall'altro, senza la necessità di un accordo comune" e che, in assenza di un "Residence order" emanato da un tribunale inglese, " il genitore affidatario (specialmente se cittadino di un altro Stato) può stabilirsi liberamente dove preferisce". La disposizione richiamata dalla ricorrente prevede che, se più persone detengono l'autorità parentale su un bambino, ognuna di esse può agire individualmente senza l'altra (o le altre) nell'adempimento di tale autorità, a meno che una legge richieda espressamente il consenso di più persone in una questione riguardante il minore. Ora, l'art. 1 del Child Abduction Act 1984 prevede proprio che entrambi i genitori detentori dell'autorità parentale debbano dare il loro consenso qualora il figlio (di età inferiore ai sedici anni) sia portato al di fuori del Regno Unito (Boele-Woelki/Braat/Curry-Sumner, op. cit., pag. 31 e 526). La censura si appalesa pertanto infondata. 
Potendo opporsi al trasferimento della figlia all'estero, il padre detiene quindi un diritto di custodia ai sensi dell'art. 3 cpv. 1 lett. a CArap (sentenza 5A_479/2012 del 13 luglio 2012 consid. 4.3, in SJ 2013 I pag. 29; Jörg Pirrung, op. cit., n. D37 pag. 238). 
 
2.4. Il mancato ritorno della minore nel Regno Unito è pertanto avvenuto in violazione del diritto di custodia attribuito all'opponente dal diritto inglese. Tale diritto di custodia era esercitato di fatto, come accertato dall'autorità inferiore e non contestato dalla ricorrente. Il mancato ritorno va quindi considerato illecito ai sensi dell'art. 3 cpv. 1 CArap.  
 
3.   
L'autorità adita ordina il ritorno immediato del minore che fosse trasferito o trattenuto illecitamente giusta l'art. 3 CArap qualora, come in concreto, fosse trascorso meno di un anno dal trasferimento o dal mancato ritorno al momento della presentazione dell'istanza (art. 12 cpv. 1 CArap). 
 
3.1. Secondo l'art. 13 cpv. 1 lett. a seconda parte CArap, tuttavia, l'autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto non è tenuta ad ordinare il ritorno del minore qualora la persona, l'istituzione o l'ente che vi si oppone accerti che la persona, l'istituzione o l'ente che aveva cura del minore aveva acconsentito o ha assentito a posteriori al trasferimento o al mancato ritorno. La giurisprudenza del Tribunale federale ha stabilito che in tale ambito occorre applicare criteri rigorosi e che l'onere della prova è a carico del genitore rapitore. Egli deve rendere verosimili gli elementi fattuali che vanno sussunti nell'art. 13 cpv. 1 lett. a seconda parte CArap e deve stabilire l'esistenza di un chiaro consenso o assenso a posteriori (esplicito o per atti concludenti) del genitore richiedente. Sapere se gli elementi fattuali sono stati resi verosimili è una questione di fatto che il Tribunale federale può rivedere solo sotto il ristretto profilo dell'arbitrio, mentre sapere se da tali fatti possa essere dedotto un chiaro consenso o assenso a posteriori (esplicito o per atti concludenti) è una questione di diritto che il Tribunale federale esamina liberamente (sentenze 5A_504/2013 del 5 agosto 2013 consid. 3.1 con rinvio; 5A_520/2010 del 31 agosto 2010 consid. 3).  
Il Tribunale d'appello ha stabilito che il padre si è limitato ad acconsentire alla vacanza negli Stati Uniti e che, sebbene egli abbia avviato la procedura per chiedere il rientro della figlia soltanto diversi mesi dopo la sua partenza, non è stato in alcun modo provato che abbia dato il suo consenso ad un suo trasferimento definitivo all'estero. 
La ricorrente sostiene che la Corte cantonale avrebbe accertato i fatti in modo manifestamente inesatto, omettendo di prendere in considerazione due messaggi scritti dall'opponente nel novembre e nel dicembre 2011 che dimostrerebbero il suo accordo alla partenza definitiva della madre per gli Stati Uniti. Così facendo la ricorrente si limita però ad inammissibilmente proporre una sua lettura appellatoria di alcuni documenti agli atti, del tutto inidonea a far apparire arbitrario l'accertamento dei fatti operato dal Tribunale d'appello: ciò che andava stabilita era infatti l'esistenza di un chiaro consenso del padre alla partenza definitiva della figlia, e non della madre. La censura si appalesa perciò manifestamente infondata nella misura della sua ammissibilità. 
 
La ricorrente afferma inoltre che il padre avrebbe aspettato sei mesi (vale a dire fino a novembre 2012) per avviare una formale procedura internazionale, dopo che con sentenza 14 maggio 2012 un giudice della High Court of Justice of England and Wales (Family Division) ha respinto una sua istanza cautelare volta ad ottenere il rientro della figlia nel Regno Unito. Con la sua inattività egli avrebbe quindi "implicitamente confermato" di non aver nulla in contrario al fatto che la figlia soggiornasse con la madre in Svizzera. La tesi ricorsuale si appalesa tuttavia manifestamente infondata: come emerge chiaramente dagli atti, infatti, già con istanza 7 giugno 2012 il padre ha presentato all'Autorità centrale per l'Inghilterra ed il Galles una domanda di ritorno della minore ai sensi della CArap. 
 
3.2. Giusta l'art. 13 cpv. 1 lett. b CArap l'autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto non è inoltre tenuta ad ordinare il ritorno del minore qualora la persona, l'istituzione o l'ente che vi si oppone accerti che vi è il grave rischio che il ritorno esponga il minore a un pericolo fisico o psichico, ovvero lo metta altrimenti in una situazione intollerabile. Secondo l'art. 5 LF-RMA il ritorno mette il minore in una situazione intollerabile ai sensi del predetto dettame convenzionale in particolare se il collocamento presso il genitore richiedente non corrisponde manifestamente all'interesse del minore (lett. a); se il genitore rapitore, tenuto conto di tutte le circostanze, non è in grado di prendersi cura del minore nello Stato in cui il minore aveva la dimora abituale immediatamente prima del rapimento, o ciò non può essere ragionevolmente preteso da lui (lett. b); e se il collocamento presso terzi non corrisponde manifestamente all'interesse del minore (lett. c).  
La Corte cantonale ha stabilito che, se la minore sarà accompagnata dalla madre, il suo ritorno nel Regno Unito non può essere considerato contrario al suo bene. Dato che la madre (con ottime disponibilità finanziarie e senza impegni professionali da rispettare) ha espresso la volontà, in caso di accoglimento dell'istanza del padre, di senz'altro seguire la figlia (che ancora non frequenta le scuole dell'obbligo), per il Tribunale d'appello nessun elemento lascia supporre che il rientro nel Regno Unito potrebbe porre la minore in una situazione di grave rischio di venire esposta ad un pericolo fisico o psichico, oppure di essere posta altrimenti in una situazione intollerabile. 
 
La ricorrente non contesta che si possa da lei ragionevolmente pretendere di accompagnare la figlia nel Regno Unito. Ella afferma invece che la Corte cantonale non avrebbe sufficientemente tenuto conto da un lato della (già citata) sentenza del giudice inglese del 14 maggio 2012, il quale avrebbe statuito che il rientro della minore nel Regno Unito non corrisponderebbe al suo interesse, e dall'altro di una dichiarazione di un investigatore privato giusta la quale il padre sarebbe stato più volte denunciato per varie infrazioni ed avrebbe usato violenza nei confronti della prima moglie e della loro figlia. A dire dell'insorgente, il Tribunale d'appello avrebbe "quindi omesso di esprimersi compiutamente sull'esigibilità di un rientro" della minore, violando sia il divieto dell'arbitrio nell'accertamento dei fatti (art. 97 LTF) sia il diritto internazionale (art. 95 lett. b LTF). I documenti indicati dalla ricorrente sono tuttavia del tutto inidonei a dimostrare che la Corte cantonale avrebbe dovuto rifiutare il rientro nel Regno Unito in applicazione dell'art. 13 cpv. 1 lett. b CArap. A ben guardare, infatti, il giudice inglese ha espressamente precisato che il suo giudizio era sommario e che in futuro un'altra Corte avrebbe potuto statuire in modo diverso in merito al ritorno della minore nel Regno Unito dopo aver sentito entrambe le parti e tutti i fatti di causa. L'investigatore privato (peraltro assunto dalla stessa ricorrente) ha inoltre riferito che, malgrado le (asserite) denunce, il padre non è mai stato condannato. Le censure di arbitrio nell'accertamento dei fatti e di violazione del diritto internazionale formulate dall'insorgente si appalesano perciò infondate. 
 
Dal canto suo, la curatrice della minore sostiene che - a causa della situazione conflittuale esistente attualmente tra i genitori - il rientro nel Regno Unito potrebbe non corrispondere all'interesse della figlia. La (asserita) situazione conflittuale tra le parti non lascia però supporre che il trasferimento nel Regno Unito possa comportare gravi rischi per la minore ai sensi della già citata norma convenzionale. 
 
La conclusione del Tribunale d'appello, secondo la quale i presupposti dell'art. 13 cpv. 1 lett. b CArap che permettono di rifiutare il ritorno di un minore non sono in concreto soddisfatti, va perciò confermata. 
 
4.  
 
4.1. Da quanto precede discende che il ricorso va respinto nella misura in cui è ammissibile. Atteso che al gravame è stato concesso l'effetto sospensivo in via supercautelare, si giustifica fissare un nuovo termine per il rientro della minore. Alla ricorrente è quindi ordinato di assicurare il ritorno della figlia nel Regno Unito entro il 31 gennaio 2014. Le misure di esecuzione previste nel giudizio impugnato vanno corrispondentemente adattate.  
 
Con l'emanazione della presente sentenza la richiesta di conferimento dell'effetto sospensivo al ricorso è divenuta priva d'oggetto. 
 
4.2. Pur considerando il tentativo di mediazione e la sostituzione di uno dei patrocinatori delle parti, va fatto presente all'autorità inferiore il suo obbligo di gestire la procedura tenendo in debito conto l'esigenza di celerità dell'art. 11 cpv. 1 e 2 CArap.  
 
4.3. La procedura con la quale viene chiesto il ritorno di un minore è, in linea di principio, gratuita (art. 26 cpv. 2 CArap; art. 14 LF-RMA). Il Regno Unito ha tuttavia formulato una riserva, dichiarando di essere tenuto al pagamento delle spese di cui all'art. 26 cpv. 2 CArap, dovute alla partecipazione di un avvocato o di un consulente giuridico, ovvero delle spese giudiziarie, solamente in quanto dette spese possano essere coperte dal suo sistema di patrocinio giudiziario e giuridico (art. 26 cpv. 3 e 42 CArap). La Svizzera applica in tal caso il principio di reciprocità (art. 21 cpv. 1 lett. b della convenzione di Vienna del 23 maggio 1969 sul diritto dei trattati [RS 0.111]) e garantisce quindi la gratuità solo nel quadro dell'assistenza giudiziaria nazionale (sentenza 5A_504/2013 del 5 agosto 2013 consid. 5.2 con rinvio; Raselli/Hausammann/Möckli/Urwyler, op. cit., n. 16.193; Messaggio del 28 febbraio 2007 concernente l'attuazione delle convenzioni sul rapimento internazionale di minori, nonché l'approvazione e l'attuazione delle Convenzioni dell'Aia sulla protezione dei minori e degli adulti, FF 2007 2406 n. 6.13). Atteso che la ricorrente non ha formulato alcuna domanda di assistenza giudiziaria, le spese giudiziarie vanno poste a suo carico (art. 66 cpv. 1 LTF); esse comprendono anche i costi per la rappresentanza della minore (sentenza 5A_674/2011 del 31 ottobre 2011 consid. 6, non pubblicato in DTF 137 III 529). Le ripetibili della presente procedura vanno pure poste a carico della ricorrente (art. 68 cpv. 1 e 2 LTF; art. 26 cpv. 4 CArap, che prevede la possibilità di accollare spese ripetibili alla persona che ha trattenuto il minore).  
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.   
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. Ad A.________ è ordinato di assicurare il ritorno della figlia C.________ nel Regno Unito entro il 31 gennaio 2014. Le misure di esecuzione previste nella sentenza impugnata vanno corrispondentemente adattate. 
 
2.   
Le spese giudiziarie di fr. 3'000.-- (che includono i costi per la rappresentanza della minore) sono poste a carico della ricorrente. 
 
3.   
La ricorrente verserà all'opponente la somma di fr. 3'500.-- a titolo di ripetibili per la procedura innanzi al Tribunale federale. 
 
4.   
La cassa del Tribunale federale verserà a Kate Geary, curatrice della minore, un'indennità di fr. 1'000.--. 
 
5.   
Comunicazione ai patrocinatori delle parti, alla curatrice della minore, alla Camera di protezione del Tribunale d'appello del Cantone Ticino, e all'Ufficio federale di giustizia, Autorità centrale in materia di rapimento internazionale di minori. 
 
 
Losanna, 28 novembre 2013 
 
In nome della II Corte di diritto civile 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: von Werdt 
 
La Cancelliera: Antonini